Iris Cutting, figlia unica, divise la sua infanzia nella casa dei nonni
americani a New York e nella residenza estiva di Westbrook, e in quella dei
nonni anglo-irlandesi in Gran Bretagna, e trascorse la sua giovinezza nella
villa materna a Fiesole, che fu acquistata dalla madre dopo la morte del
marito - il padre di Iris morì di tubercolosi nel 1910.
Brillante scrittrice e studiosa di storia italiana - in particolare quella
medievale - durante tutto l'arco della sua vita pubblicò numerosi libri. Si
sposò nel 1924 con un italiano, il marchese Antonio Origo, uomo appassionato
della vita dei campi al punto tale da intraprendere coraggiose imprese
agricole per riscattare quelle terre povere e incolte abitate da contadini
miserabili. Conobbe Antonio quando aveva diciotto anni.
«Fu in un tempestoso pomeriggio d'ottobre del 1923, quarantasette anni fa -
scriveva Iris in Immagini e Ombre, nel 1970 - che vedemmo per la prima
volta la Val d'Orcia e quella che sarebbe diventata la nostra casa. [...].
Sapevamo bene che cosa andavamo cercando: un luogo che esigesse abbastanza
lavoro da riempirci la vita, ma anche, speravamo, un luogo di una certa
bellezza».
Una volta stabilitisi in Val d'Orcia, gli Origo iniziarono a riportare
quelle terre, appena acquistate, a nuova vita. In quindici anni di duro
lavoro costruirono cinquanta fattorie, ognuna di 40 ettari, tutte
raggruppate intorno alla fattoria centrale, in cui vivevano Iris e Antonio
Origo e dove venivano prese le decisioni sui tipi di raccolto e sulle
tecniche di coltivazione per quelle terre così ostiche.
Con l'arrivo della seconda guerra mondiale molte cose cambiarono. Per gli
Origo iniziò un periodo intenso.Nel gennaio del 1943, in seguito
all'evacuazione di diversi bambini da alcune città italiane, come Genova e
Torino, per sottrarli ai bombardamenti, gli Origo accolgono nella loro casa
a La Foce più di venti di questi bambini sfollati. Alcuni di loro erano
orfani; altri erano stati mandati dai genitori in quella Val d'Orcia che
evidentemente era sembrato loro un luogo sicuro. Uno degli edifici della
scuola fu trasformato per ospitarli. «Abbiamo potuto restituire ai loro
genitori, sani e salvi, tutti i bambini sfollati che ci sono stati affidati
- scriveva Iris inGuerra in Val d'Orcia. Diario 1943-1944(Editrice Le Balze,
Montepulciano (Siena), 2000, p. 39).Una di loro è tornata qui brevemente
come maestra: parecchi altri ci mandano ancora loro notizie e fotografie dei
loro figli. In seguito i loro posti nella "Casa dei Bambini" sono stati
occupati da tanti altri bambini, bisognosi anch'essi, per ragioni diverse,
di un tetto o di un aiuto, e che giocano ora con i miei nipotini, come i
primi giocavano con Benedetta e Donata - le due figlie degli Origo».
All'inizio di giugno del 1944 le truppe tedesche furono cacciate da Roma.
Durante la loro ritirata verso Nord giunsero anche in Val d'Orcia e per
alcuni giorni infuriò una battaglia in prima linea. Durante la ritirata le
truppe naziste distrussero i raccolti e rasero al suolo diversi edifici. In
uno dei paesi vicini a La Foce, tutti gli uomini che trovarono lungo il loro
percorso furono passati per le armi come rappresaglia e deterrente; in
un'altro furono bruciate tutte le case. Era il 22 giugno del 1944 quando le
truppe tedesche fecero irruzione nelle cantine de La Foce, dove erano
rifugiati tutti i bambini e la famiglia Origo, vennero cacciati tutti fuori
e nella confusione generale decisero di incamminarsi verso un posto più
sicuro: Montepulciano dagli amici Lulli e Margherita Bracci.
Pochi giorni dopo il fascismo scomparve nel nulla ma, per coloro che
abitavano in quella Vallata, le cose non sarebbero mai più state le stesse.
L'intera economia della zona era destinata a cambiare sicuramente in meglio.
I contadini erano stanchi del vecchio sistema della mezzadria. Quando molti
braccianti iniziarono a trasferirsi dalla campagna ai paesi, o alle città,
l'agricoltura dovette trasformarsi e meccanizzarsi. Ma il lavoro fatto da
Iris e Antonio Origo, negli anni Venti e Trenta, non sarà mai più
dimenticato, come non sarà mai dimenticato il loro amore infinito per questi
luoghi e queste genti che l'anno amata per quello che era: la Marchesa
Origo.
[Patrizia Mari]