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Radicofani » Ghino di Tacco |
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Ghinotto di Tacco detto Ghino nacque da uno dei più
importanti casati senesi: la famiglia Cacciaconti Monacheschi
Pecorai alla Fratta antico feudo posto tra Torrita di Siena e
Asinalunga (l'odierna Sinalunga).
Il padre Tacco di Ugolino assieme al fratello Ghino e ai suoi due
figli, Turino e Ghino, commetteva furti e rapine; aveva tra l'
altro appiccato il fuoco al castello di Torrita (avendolo
occupato per alcune settimane nel luglio del 1279) e fu
condannato per aver ferito gravemente Jacopino da Guardavalle.
Il Comune di Siena combatté molto contro Tacco ed alla fine, nel
1285 lo catturò assieme al fratello ed al figlio minore Turino,
furono torturati ed infine giustiziati nella piazza del Campo l'anno
seguente, su sentenza del famoso giurista Benincasa da Laterina
(che qualche anno dopo verrà nominato senatore ed auditor presso
la corte pontificia).
Si ha notizia di una condanna di 1000 lire per una rapina fatta
da Ghino nei pressi di S. Qurico d'Orcia; mentre nel 1290 Siena
istituì una commissione di inchiesta per indagare sull'
intenzione di Ghino di costruire una nuova fortezza tra Sinalunga
e Guardavalle.
Ghino a questo punto fu bandito dal contado senese e si rifugiò,
a Radicofani, punto di collegamento e territorio conteso tra il
dominio Pontificio e lo Stato di Siena. Qui i viandanti
(Radicofani era posta in corrispondenza del tracciato della via
Francigena) venivano attirati in vere e proprie imboscate e
quindi derubati di ogni loro avere; dovevano accontentarsi in
cambio di un banchetto che veniva loro offerto dal bandito in
persona. Ghino di Tacco seppe inserirsi abilmente tra le lotte e
i dissidi per il posssesso del territorio e fece del borgo di
Radicofani la propria signoria ed il proprio covo.
Era però un gentiluomo, una sorta di Robin Hood ante litteram,
che prima di estorcere si informava sui reali possedimenti della
propria vittima, lasciandole sempre di che vivere; pare anche che
fosse una persona generosa con i poveri e gli studenti.
Volle poi punire il giustiziere del padre e così andò a Roma al
comando di quattrocento uomini, entrò in tribunale e tagliò la
testa del giudice Benincasa (episodio riportato da Dante nella
Divina Commedia Purg. VI 13,14 :
"Quiv'era l'Aretin che da le braccia fiere di Ghin di Tacco
ebbe la morte,..."), infilandola sulla picca; tornò quindi
a Radicofani dove ricominciò ad esercitare ampiamente
"l'arte della rapina". Ghino divenne leggendario per la
sua spavalderia, ma indubbiamente potè contare su un covo
imprendibile (una rocca talmente potente che neppure le truppe
imperiali e medicee con i loro potenti cannoni riusciranno nel
1555 a prenderla).
E' narrato dal Boccaccio nella novella del Decameron dedicata a
Ghino (II novella del X giorno:
"Ghino di Tacco piglia l'abate di Clignì e medicalo del
male dello stomaco e poi il lascia quale, tornato in corte di
Roma, lui riconcilia con Bonifazio papa e fallo friere dello
Spedale") il trattamento riservato all'abate di Clunj,
che diretto a Roma, aveva deciso di recarsi presso le acque
termali di San Casciano dei Bagni per curare un mal di stomaco.
Ghino catturò l'abate e lo fece rinchiudere nella rocca
nutrendolo soltanto con pane e fave secche. Questa ferrea dieta
guarì prodigiosamente il male dell'Abate che riconoscente
intercesse presso il papa Bonifazio VIII ai fini di una
riconciliazione con Ghino. Il Papa si convinse e addirittura
nominò Ghino Cavaliere di S.Giovanni e Friere dell'ospedale di
Santo Spirito, titolo che annetteva una vasta commenda. Si
adoperò in favore di Ghino anche con la Repubblica di Siena
ottenendogli il perdono. Il luogo della morte è incerto, alcuni
lo dicono morto a Roma mentre altri lo vogliono assassinato ad
Asinalunga. Tra questi ultimi vi è Benvenuto da Imola,
abbastanza attendibile perché vissuto non molto tempo dopo e che
di Ghino ha, tra l' altro, detto "non fu infame come alcuni
scrivono... ma fu uomo mirabile, grande, vigoroso..."
contribuendo all' opera di riabilitazione del personaggio.
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